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Quest'intervento è dedicato al convegno tenutosi sull'isola di Porquerolles, parte del programma ATHIS italo-francese -Ateliers Histoire et Informatique. Il programma si svolse in varie tappe tra il 2006 e il 2008, sotto la direzione di Jean-Philippe Genet per la Sorbonne, Università di Parigi 1 e di Andrea Zorzi per l'Università di Firenze. E sembra, -se si confida nella rete- che quell'articolo sia stato davvero pubblicato in Mundus. Rivista di Storia della Didattica, n.2, luglio-dicembre 2008, pp.234-238.
Dico sembra, perché sono passati più di quattro anni e non ne ho ancora mai visto una copia ne mai ne ho saputo alcunché !
Sicché mi sono deciso a ri-pubblicare l'intervento tale quale in Digital & Public History. Ri-pubblicare si fa per dire visto che non ho mai tenuto in mano questa rivista "pubblicata" e non giurerei che esisti: toccare per credere !
Fantasma Digitale della Rivista Mundus |
Eppure Mundus. Rivista di didattica della storia sembra reale e seria: possiede un comitato editoriale e scientifico di tutto rispetto. Sapranno di esserne membro ? Almeno nel mondo digitale tutto è possibile. Si dice che sia Palermitana ed appartenga all'editore Palumbo. Possiede addirittura una sua Home Page riprodotta qui accanto. E tuttavia da questa Home Page della rivista presso l'editore Palumbo si può scorgere a fatica una piccola frase "accedi al sito della rivista". Se per caso si tenta l'avventura, si arriva in un altro ambiente digitale ed ad una versione che si chiama "Mundus Online". E su quel sito sembra che sia possibile leggere il n.2 della rivista. Tuttavia il mio articoletto è sparito come lo sono anche tanti altri annunciati sulla pagine dell'editore!
Cosa sarà successo ? I misteri del virtuale sono tanti. Certo, se un autore non riesce a sapere di essere stato pubblicato e nemmeno dopo ricerche durate anni trova il suo articolo, penso che nessuno mai avrà avuto la possibilità di leggerlo. Non che sia di fondamentale importanza per le sorti della storia e della didattica digitale, ma almeno per compensare con un sorriso chi, il tempo di scriverlo lo ha messo!
E poi si tenta ancora di rifiutare l'Open Access e di giustificare la chiusura non solo agli autori di saggi stessi, ma al pubblico dei lettori potenziali e al mondo della ricerca di riviste inesistenti come queste. Che poi esse vi propongano addirittura in rete, una versione inaccessibile nella lingua di Shakespeare, una traduzione virtuale di un digitale fantasma non aggiunge nulla alla soluzione del problema.
Lo
storico digitale tra formazione e didattica
(Scritto nel 2008)
(Scritto nel 2008)
Chiunque si affacci allo studio della storia, oggi,
utilizza anche incoscientemente alcuni elementi di storia digitale. Tutti gli
storici, che siano o meno accademici, scaricano e condividono informazioni in rete
ed interagiscono con i suoi contenuti. A quindici anni dalla nascita del web, è
possibile fare il conto dei punti di forza e delle debolezze della storia
digitale, [1] per
quanto l’evoluzione continua della rete esiga un aggiornamento ed un
monitoraggio costante.
Lo “storico digitale” non si limita a presentare
il passato in rete. Egli usa le tecnologie informatiche e l’internet in un
processo virtuoso di informazione e comunicazione e, inoltre, crea, preserva e
conserva le fonti digitali. Questa figura professionale non è più un esotico
personaggio, lontano dai cardini tradizionali di Clio.
LAMOP: Laboratoire de Médiévistique Occidentale de Paris |
Il sesto ed ultimo seminario ATHIS, intitolato “Histoire, informatique, pédagogie” [4], si è tenuto a Porquerolles, un’isoletta posta di fronte a Hyères, nel sud della Francia, dal 15 al 18 maggio 2008. Questo incontro ha
avuto come oggetto i cambiamenti avvenuti nella didattica della storia con
l’uso di nuove tecnologie; i curricula
didattici necessari per formare uno storico digitale che possa dominare l’uso
delle tecnologie informatiche e, infine, la valutazione di nuovi metodi per insegnare
la storia, usando le potenzialità delle nuove tecnologie anche con alcune
applicazioni informatiche tipiche del Web 2.0.[5]
Uno degli aspetti più originali di questo Atelier,
è stato quello di interrogarsi sulle nuove figure professionali di Informatici Umanisti (IU), sorte di
recente in Francia, e sugli sbocchi professionali degli storici “digitali”,
ovvero di quegli storici che hanno ricevuto un’adeguata formazione in Informatica Umanistica.
Sala di Porquerolles, ATHIS 2008 |
Introducento l’atelier, Jean-Philippe Genet,
professore di storia medievale alla Sorbonne, e uno dei fondatori dell’AHC (Association for History and Computing)
negli anni ’80’, nonché l’inventore del concetto di meta-fonte, fondamentale per la storia digitale, ha parlato delle
volontà e delle scelte politiche necessarie, sia a livello nazionale sia
a livello europeo, per favorire lo sviluppo della formazione informatica degli
storici. Ha sostenuto che, al contrario, la creazione di oggetti digitali come
le biblioteche digitali e le meta-fonti, dipende maggiormente dagli
investimenti economici (basti ricordare i costi ingenti del progetto di accesso
digitale ad altissima risoluzione dei manoscritti medievali della cattedrale di
Colonia, presentato da Manfred Thaller, durante il terzo atelier ATHIS a
Firenze). I metodi di insegnamento agli storici delle nuove tecnologie
investono anche il confronto tra modello pedagogico continentale e
anglo-sassone. Quest’ultimo si ispira maggiormente al mercato e viene
finanziato in modo molto più sostanzioso nei centri di eccellenza. Qui le nuove
tecnologie vengono integrate sistematicamente nei curricula pedagogici.
Un
curriculum di formazione per lo storico digitale ?
E’ infatti risaputo come manchi ancora, in molti paesi europei e certamente
in Italia, un curriculum di studi specifico in IU e in storia digitale,
a corredo della formazione universitaria tradizionale. Quali sono
gli ingredienti giusti di una corretta formazione in storia digitale: la
conoscenza critica della rete, le potenzialità dell’Information and Comunication Technology (ICT) e l’informatica
umanistica di storia ?
Nel corso del sesto incontro ATHIS, molti sono
stati gli interventi dedicati all’analisi delle nuove potenzialità
dell’insegnamento e dell’apprendimento all’Università (e-learning/e-teaching), con metodi tradizionali integrati
all’informatica umanistica. [6] Si è
insistito sul fatto che per usare questi metodi, bisogna avere prima ricevuto
una formazione adeguata. Perciò, alcuni interventi si sono dedicati al
contenuto di un curriculum di Scienze
della comunicazione e dell’informazione (ICT) combinato all’IU.[7] Hanno ipotizzato strategie di preparazione degli
storici all’uso delle nuove tecnologie e hanno parlato di nuova formazione e di
nuovi ruoli pedagogici, adattati ai cambiamenti delle tecnologie stesse; hanno,
poi, cercato di individuare nuovi ruoli e nuove figure professionali, per
sostenere e promuovere una doppia formazione in ICT e in IU. Infine, alcune relazioni
hanno affrontato anche il problema dell’uso della matematica e dei metodi
statistici nella formazione dello storico digitale[8]. Queste conoscenze costituiscono un nodo
fondamentale, come ben si comprende se si pensa alla storia dell’informatica
storica, la quale si basava a suo tempo essenzialmente sui metodi quantitativi.[9]
Christine Ducourtieux coodinatrice del LAMOP e della redazione di Ménestrel |
Come accade nelle Università e nei centri per lo
studio dei nuovi media digitali negli USA ed in Inghilterra, è ormai essenziale
poter individuare metodi e canali pedagogici per aiutare gli storici a
costruire banche dati accessibili nei siti web. Bisogna individuare i sostegni
di cui essi necessitano nelle Università, nei centri di calcolo e nelle
biblioteche. Inoltre, è essenziale comprendere quali conoscenze nell’ambito
delle Scienze dell’informazione e delle comunicazioni (ICT) e quali strumenti
informatici siano necessari per preparare gli storici alla creazione, all’uso e
alla conservazione delle fonti e delle meta-fonti digitali nelle biblioteche
digitali. Questi problemi, che riguardano in realtà la formazione in IU nei
corsi di laurea, fanno anche riflettere, a monte, sulla necessità di fornire
rudimenti di IU e di avviare percorsi di storia digitale anche nella scuola
superiore e nei primi anni di Università.[10]
Formare alla selezione critica dei contenuti di
rete
L’Atelier di Porquerolles
ha anche fornito l’occasione per un’ampia riflessione circa la formazione
critica necessaria nel campo della selezione dell’informazione e della documentazione
digitale, che prepari alla valutazione dell’informazione digitale con un
sostegno didattico sia nell’ambito delle biblioteche accademiche che nei corsi
universitari di formazione all’IU.[11]
Alcuni connotati di base
di una formazione valida per tutti, sono la capacità di selezione e di analisi critica dei contenuti dei siti web. Questi
ultimi, infatti, sono inutili, se lo storico non è preparato ad usarne i
contenuti digitali con una formazione appropriata.[12]
Inoltre, le fonti digitali vanno differenziate e comparate per poter valutare
l’informazione offerta nei singoli siti; si devono anche operare delle scelte
critiche, per evidenziare i punti di vista diversi delle diverse fonti
informative. Infine, bisogna formare gli studenti a distinguere i diversi tipi
di informazione presenti in rete: informazione strutturata, informazione senza
particolare struttura e informazione mista. In questa attività, ci si confronta
con studenti di storia che provengono da realtà differenti, anche dello stesso
paese, e posseggono dei livelli di preparazione alla storia digitale eterogenei,
come dimostra chiaramente l’esperienza dell’Istituto Universitario Europeo di
Firenze, che ha studenti di dottorato provenienti da tutti i paesi dell’Unione
Europea.
Perché
questo tipo di formazione critica alla rete è oggi di importanza fondamentale ?
Nel web, e soprattutto nella concezione del web 2.0, l’autorialità, già scossa
con l’avvento di internet, non possiede più una rilevanza essenziale: e questo
rende ancora più difficile il lavoro degli storici, abituati come sono ad
attribuire una paternità a testi e fonti utilizzati. Inoltre, i contenuti di diversi
media vengono confusi all’interno della rete stessa, dopo aver subito il
processo di digitalizzazione: tutti i media vengono così integrati nel web, e
riuscire ad distinguerli criticamente e valutare le loro specificità diventa
sempre più complesso. Di conseguenza è fondamentale saper individuare diversi
livelli di critica, applicabili ai diversi media.[13]
Per di più, i nuovi contesti dei network sociali stanno generando
aspettative e comportamenti nuovi in rete e producono nuove ideologie e nuovi
comportamenti collettivi, che vanno interpretati con metodi adeguati. Infine,
non vi è più l’idea che gli studenti debbano lavorare con un corpus ben
delimitato di fonti e di testi, in quanto la rete frammenta l’informazione in
“pezzi distinti” disponibili in diversi siti web, non sempre scientifici.
Strutture per la formazione in storia digitale
Si pone così – nel
campo della IU - il problema dell’organizzazione istituzionale dell’insegnamento
di nuove conoscenze. In Francia, le strutture di supporto e di formazione alle
nuove tecnologie ( TICE: Technologies de l'Information et de la Communication pour
l'Enseignement) preparano gli
studenti a confrontarsi con l’epoca digitale, nell’intento di rimuovere le barriere
ancora esistenti (digital divide),
mediante un istruzione appropriata ai diversi livelli di formazione alla storia
digitale.
Jean-Philippe Genet |
L’educazione a distanza alla storia digitale si fa
anche nella rete stessa con, per esempio, il portale dell’Université Ouverte des Humanités[16] che usa
tecnologie di rete per insegnare l’Information
retrieval in ambito umanistico. Il portale è stato creato per insegnare ad usare
criticamente le risorse di rete, nuovi strumenti digitali e nuove tecniche
digitali per umanisti e storici.[17]
Nuove
figure professionali: i “passeurs”
Nel 1992, Gianni C. Donno, storico leccese del
movimento operaio, pubblicava un saggio su Informatica e ricerca storica,
nel quale sottolineava un dato fondamentale del rapporto tra storici e computer,
ovvero che ”il “pensare storico” era del tutto diverso dal “pensare
informatico”[18]. L’atelier di Porquerolles si è di fatto
soffermato sul problema dei soggetti che debbono offrire questo nuovo tipo di
formazione, che attinge a un “pensare duplice” o, meglio, al pensare
l’informatica dal punto di vista degli storici.
Antonio Brusa |
Claire Zalc e Andrea Zorzi |
Tuttavia, la base dell’incontro non è quella della
tecnica in sé, ma deriva soprattutto dalle necessità professionali degli
storici e dalle risposte alle loro domande epistemologiche. I passeurs scoprono e promuovono nuovi
metodi storiografici usando la storia digitale e il computer e aiutano gli storici
a servirsene. I loro ambiti di lavoro sono certamente i centri di calcolo
universitari ed i dipartimenti di storia, ma anche le biblioteche, gli archivi
e altre istituzioni specializzate nel campo umanistico.
Oltre
pregi e difetti della storia digitale
Nel 2004, dopo 10 anni di sviluppo del web, Dan Cohen, storico
“digitale” del Center for History and New
Media della George Mason University, si chiedeva, how can we maximize the web’s advantages and minimize
its disadvantages to create the best forms of online history ?
Rispondendo
a questo interrogativo, è diventato lampante, oggi, quanto il web sia straordinario
nel far convergere più soggetti, indipendentemente dal luogo fisico in cui si
trovano, permettendo processi comunicativi sincronici e a-sincronici. La rete
facilita enormemente la collaborazione, la capacità di incamerare e di
condividere informazioni e dati insieme alla possibilità di caricare e di
trasmettere ingenti quantità di documenti. Inoltre l’informazione può essere
codificata, in modo che sia accessibile alla ricerca e al trattamento computerizzato,
rimuovendo le barriere che impediscono la pubblicazione tradizionale,
facilitandone la traduzione, la costante revisione e l’aggiornamento .
Per contro,
si deve sempre rammentare l’instabilità e la precarietà dell’informazione, la
difficoltà di presentare dei testi facilmente accessibili alla lettura usando il
computer - sopratutto se comparati alle forme tradizionali di pubblicazione dei
testi – e, infine, l’enorme difficoltà di discernere tra la “zavorra” e
l’informazione scientifica nel web, di distinguere, in poche parole, the good from the bad.[20]
Il seminario
di Porquerolles è certamente andato oltre le considerazioni, in parte datate,
di Cohen sul piano di un euristica applicata alla storia digitale. Ha fatto il
punto sui progressi degli ultimi anni in Francia e in Italia, nell’ambito delle
scienze dell’informazione e della comunicazione, sui metodi pedagogici e sulle
figure professionali nuove per una migliore formazione alla selezione e la
valutazione critica dell’informazione di rete. E, nel loro susseguirsi, gli
atelier ATHIS hanno effettivamente rilevato quanto la storia abbia permeato l’intera rete digitale,
in forme diverse, anche a seconda dei periodi storici considerati. Vi è più
chiarezza oggi su quali siano i punti di forza della storia digitale e quali
siano le nuove sfide.
[1] Tommaso
Detti e Giuseppe Lauricella: “Una storia piatta ? Il digitale, Internet e il
mestiere di storico.”, in Contemporanea,
n.1, gennaio 2007, pp.3-23.
[2] ATHIS, URI:
[http://www.menestrel.fr/spip.php?rubrique619]
[3] Le ricerche effettuate hanno visto la
collaborazione del Centre d'Histoire Sociale du XXe
siècle, rappresentato
da Philippe Rygiel, del CRAHM,
dell’Università di Caen, rappresentato da Pierre Bauduin, dell’École Nationale des Chartes,
rappresentato da Marc Smith, dell’IRHT, rappresentato da Paul Bertrand in
collaborazione con l’École Française di
Roma, (Marilyn Nicoud). Reti Medievali
e l'Università di Firenze, (Andrea Zorzi) sono stati i partners italiani. Il portale di storia medievale francese Ménestrel con Christine Ducourtieux e
Pierre Portet ha pubblicato le informazioni su ogni Atelier e promuove i suoi
documenti di lavoro.
[4]I precedenti erano stati: Atelier n.1, De l’archive à l’open archive, Atelier n.2 L’historien, le texte et l’ordinateur , Atelier n.3 L’informatique et les périodes historiques
Atelier n.4 L’informatique et
l’utilisation des statistiques par les historiens, Atelier n. 5 L’historien, l’espace et l’ordinateur. Il programma del VI° atelier, e parte degli interventi, sono disponibili
all’URI: [http://www.menestrel.fr/spip.php?rubrique964].
[5] Serge Noiret,
Des usages pédagogiques de Wikipedia,
«social network» avant le Web 2.0.; Enrica Salvatori, Podcasting e
Second Life nell'insegnamento della storia: considerazioni sul saper fare e il
sapere.
[6] Eric Castex, Formation ouverte
et à distance au service de la formation des historiens.
[7] Antonio Brusa, Insegnamento storico e tecnologie;
Giulio Romero Passerin d’Entrèves, Le
fond et la forme: ce que les TICE ont changé à la manière de faire un cours
d’histoire; Julien Alerini, Alain Dallo, Benjamin Deruelle, Stéphane
Lamassé, Enseignement et besoins de l’informatique
appliquée à l’histoire: la perception des étudiants d’histoire.
[12] A.Criscione, S.Noiret, C.Spagnolo e S.Vitali (a
cura di): La Storia
a(l) tempo di Internet: indagine sui siti italiani di storia contemporanea,
(2001-2003)., Bologna, Pátron editore, 2004.
[13] Serge Noiret: "Visioni della brutalità nelle fotografie di rete",
in Sauro Lusini (a cura di) La cultura fotografica in Italia oggi. A 20
anni dalla fondazione di AFT. Rivista di Storia e Fotografia., Prato,
Archivio Fotografico Toscano-Comune di Prato, 2007, pp.88-106.
[15] “Les missions des URFIST:
former le personnel des
bibliothèques ainsi que le public universitaire (enseignants et étudiants
avancés) à l'information scientifique et technique, et plus
généralement les sensibiliser aux technologies de l'information…. (Si veda Google Custom Search
all’URI:
[http://www.google.com/coop/cse?cx=009587160018223562155:i0li6vrbf-i]).
[16] URL: [http://www.uoh.fr/]
[17] Un altro portale che permette una formazione a
distanza simile, Theleme - Techniques pour l'Historien en Ligne: Études,
Manuels, Exercices alla Sorbona, URL: [http://theleme.enc.sorbonne.fr/].
[18] Gianni C.Donno: Informatica
e ricerca storica. L'archivio per la storia del movimento sindacale e altri
studi., Lacaita, Manduria 1992, p.13.
[19] Sulla categoria di intermediario culturale –i traduttori- vedasi a
cura di Diana Cooper-Richet, Jean-Yves Mollier e Ahmed Silem: Passeurs
culturels dans le monde des médias et de l'édition en Europe (XIXe et XXe
siècles)., Villeurbanne: Presses de l'Ensibb, 2005.
[20] Daniel J. Cohen: “History and the Second Decade of the Web.”, in Rethinking History, Vol. 8, No. 2, giugno 2004, pp. 293–301, qui, p.295.
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