Thursday 31 May 2012

Lo storico digitale tra formazione e didattica: a proposito di un articolo fantasma

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Quest'intervento è dedicato al convegno tenutosi sull'isola di Porquerolles, parte del programma ATHIS italo-francese -Ateliers Histoire et Informatique. Il programma si svolse in varie tappe tra il 2006 e il 2008, sotto la direzione di Jean-Philippe Genet per la Sorbonne, Università di Parigi 1 e di Andrea Zorzi per l'Università di Firenze. E sembra, -se si confida nella rete- che quell'articolo sia stato davvero pubblicato in Mundus. Rivista di Storia della Didattica, n.2, luglio-dicembre 2008, pp.234-238. 
Dico sembra, perché sono passati più di quattro anni e non ne ho ancora mai visto una copia ne mai ne ho saputo alcunché ! 
Sicché mi sono deciso a ri-pubblicare l'intervento tale quale in Digital & Public History.  Ri-pubblicare si fa per dire visto che non ho mai tenuto in mano questa rivista "pubblicata" e non giurerei che esisti: toccare per  credere !
Fantasma Digitale della Rivista Mundus
Eppure Mundus. Rivista di didattica della storia sembra reale e seria: possiede un comitato editoriale e scientifico di tutto rispetto. Sapranno di esserne membro ? Almeno nel mondo digitale tutto è possibile. Si dice che sia Palermitana ed appartenga all'editore Palumbo. Possiede addirittura una sua Home Page riprodotta qui accanto. E tuttavia da questa Home Page della rivista presso l'editore Palumbo si può scorgere a fatica una piccola frase "accedi al sito della rivista". Se per caso si tenta l'avventura, si arriva in un altro ambiente digitale ed ad una versione che si chiama "Mundus Online". E su quel sito sembra che sia possibile leggere il n.2 della rivista. Tuttavia il mio articoletto è sparito come lo sono anche tanti altri annunciati sulla pagine dell'editore!
Cosa sarà successo ? I misteri del virtuale sono tanti. Certo, se un autore non riesce a sapere di essere stato pubblicato e nemmeno dopo ricerche durate anni trova il suo articolo, penso che nessuno mai avrà avuto la possibilità di leggerlo. Non che sia di fondamentale importanza per le sorti della storia e della didattica digitale, ma almeno per compensare con un sorriso chi, il tempo di scriverlo lo ha messo! 
E poi si tenta ancora di rifiutare l'Open Access e di giustificare la chiusura non solo agli autori di saggi stessi, ma al pubblico dei lettori potenziali e al mondo della ricerca di riviste inesistenti come queste. Che poi esse vi propongano addirittura in rete, una versione inaccessibile nella lingua di Shakespeare, una traduzione virtuale di un digitale fantasma non aggiunge nulla alla soluzione del problema.


                                                                                                                                       

Lo storico digitale tra formazione e didattica 
 (Scritto nel 2008)

 Chiunque si affacci allo studio della storia, oggi, utilizza anche incoscientemente alcuni elementi di storia digitale. Tutti gli storici, che siano o meno accademici, scaricano e condividono informazioni in rete ed interagiscono con i suoi contenuti. A quindici anni dalla nascita del web, è possibile fare il conto dei punti di forza e delle debolezze della storia digitale, [1] per quanto l’evoluzione continua della rete esiga un aggiornamento ed un monitoraggio costante.
Lo “storico digitale” non si limita a presentare il passato in rete. Egli usa le tecnologie informatiche e l’internet in un processo virtuoso di informazione e comunicazione e, inoltre, crea, preserva e conserva le fonti digitali. Questa figura professionale non è più un esotico personaggio, lontano dai cardini tradizionali di Clio.
LAMOP: Laboratoire de Médiévistique Occidentale de Paris
In Francia, per monitorare questi cambiamenti e interrogarsi sulle varie sfaccettature della storia digitale e sui nuovi sviluppi del rapporto tra storia ed informatica umanistica, l’Agence Nationale pour la Recherche ha finanziato alcuni atelier chiamati ATHIS,[2] organizzati dal LAMOP, il Laboratoire de médiévistique Occidentale de Paris, sotto la direzione scientifica di Jean-Philippe Genet. Lo scopo del programma triennale cominciato nel 2006 e che si chiuderà con una conferenza presso l’Ecole Française di Roma nel dicembre 2008 e con la pubblicazione degli Atti, non è limitato alla storia stricto sensu, confrontata con le nuove tecnologie, ma è aperto anche ad altre discipline, oltre le frontiere dell’informatica storica, come l’economia, l’archeologia e la linguistica. Questi seminari hanno esaminato le forme dell’edizione elettronica, della produzione e dell’uso dei dati informatici di storia nonché della produzione e dell’utilizzo dei programmi informatici a disposizione degli storici.[3]
Il sesto ed ultimo seminario ATHIS, intitolato “Histoire, informatique, pédagogie [4], si è tenuto a Porquerolles, un’isoletta posta di fronte a Hyères, nel sud della Francia, dal 15 al 18 maggio 2008. Questo incontro ha avuto come oggetto i cambiamenti avvenuti nella didattica della storia con l’uso di nuove tecnologie; i curricula didattici necessari per formare uno storico digitale che possa dominare l’uso delle tecnologie informatiche e, infine, la valutazione di nuovi metodi per insegnare la storia, usando le potenzialità delle nuove tecnologie anche con alcune applicazioni informatiche tipiche del Web 2.0.[5]
Uno degli aspetti più originali di questo Atelier, è stato quello di interrogarsi sulle nuove figure professionali di Informatici Umanisti (IU), sorte di recente in Francia, e sugli sbocchi professionali degli storici “digitali”, ovvero di quegli storici che hanno ricevuto un’adeguata formazione in Informatica Umanistica.
Sala di Porquerolles, ATHIS 2008
Introducento l’atelier, Jean-Philippe Genet, professore di storia medievale alla Sorbonne, e uno dei fondatori dell’AHC (Association for History and Computing) negli anni ’80’, nonché l’inventore del concetto di meta-fonte, fondamentale per la storia digitale, ha parlato delle volontà e delle scelte politiche necessarie, sia a livello nazionale sia a livello europeo, per favorire lo sviluppo della formazione informatica degli storici. Ha sostenuto che, al contrario, la creazione di oggetti digitali come le biblioteche digitali e le meta-fonti, dipende maggiormente dagli investimenti economici (basti ricordare i costi ingenti del progetto di accesso digitale ad altissima risoluzione dei manoscritti medievali della cattedrale di Colonia, presentato da Manfred Thaller, durante il terzo atelier ATHIS a Firenze). I metodi di insegnamento agli storici delle nuove tecnologie investono anche il confronto tra modello pedagogico continentale e anglo-sassone. Quest’ultimo si ispira maggiormente al mercato e viene finanziato in modo molto più sostanzioso nei centri di eccellenza. Qui le nuove tecnologie vengono integrate sistematicamente nei curricula pedagogici.

Un curriculum di formazione per lo storico digitale ?

E’ infatti risaputo come manchi ancora, in molti paesi europei e certamente in Italia, un curriculum di studi specifico in IU e in storia digitale, a corredo della formazione universitaria tradizionale. Quali sono gli ingredienti giusti di una corretta formazione in storia digitale: la conoscenza critica della rete, le potenzialità dell’Information and Comunication Technology (ICT) e l’informatica umanistica di storia ?
Nel corso del sesto incontro ATHIS, molti sono stati gli interventi dedicati all’analisi delle nuove potenzialità dell’insegnamento e dell’apprendimento all’Università (e-learning/e-teaching), con metodi tradizionali integrati all’informatica umanistica. [6] Si è insistito sul fatto che per usare questi metodi, bisogna avere prima ricevuto una formazione adeguata. Perciò, alcuni interventi si sono dedicati al contenuto di un curriculum di Scienze della comunicazione e dell’informazione (ICT) combinato all’IU.[7] Hanno ipotizzato strategie di preparazione degli storici all’uso delle nuove tecnologie e hanno parlato di nuova formazione e di nuovi ruoli pedagogici, adattati ai cambiamenti delle tecnologie stesse; hanno, poi, cercato di individuare nuovi ruoli e nuove figure professionali, per sostenere e promuovere una doppia formazione in ICT e in IU. Infine, alcune relazioni hanno affrontato anche il problema dell’uso della matematica e dei metodi statistici nella formazione dello storico digitale[8]. Queste conoscenze costituiscono un nodo fondamentale, come ben si comprende se si pensa alla storia dell’informatica storica, la quale si basava a suo tempo essenzialmente sui metodi quantitativi.[9]
Christine Ducourtieux coodinatrice del LAMOP e della redazione di Ménestrel








E’ sufficiente fornire elementi di conoscenze di quella che i francesi chiamano la bureautique (i software di base usati per organizzare e trattare l’informazione, da Microsoft Office ai Browsers, etc..) o sarebbe meglio offrire un insegnamento più direttamente collegato alle discipline storiche ed umanistiche, che comprenda metodi di programmazione e di progettazione di base dati, prepari quindi all’uso di programmi per il trattamento delle statistiche micro e macro, e insegni a realizzare dei siti web strutturati ? In quel caso si dovrebbero sviluppare delle capacità che integrino ad un livello superiore e più approfondito le specifiche necessità disciplinari degli storici, ricorrendo all’informatica applicata alle discipline storiche.
Come accade nelle Università e nei centri per lo studio dei nuovi media digitali negli USA ed in Inghilterra, è ormai essenziale poter individuare metodi e canali pedagogici per aiutare gli storici a costruire banche dati accessibili nei siti web. Bisogna individuare i sostegni di cui essi necessitano nelle Università, nei centri di calcolo e nelle biblioteche. Inoltre, è essenziale comprendere quali conoscenze nell’ambito delle Scienze dell’informazione e delle comunicazioni (ICT) e quali strumenti informatici siano necessari per preparare gli storici alla creazione, all’uso e alla conservazione delle fonti e delle meta-fonti digitali nelle biblioteche digitali. Questi problemi, che riguardano in realtà la formazione in IU nei corsi di laurea, fanno anche riflettere, a monte, sulla necessità di fornire rudimenti di IU e di avviare percorsi di storia digitale anche nella scuola superiore e nei primi anni di Università.[10]

Formare alla selezione critica dei contenuti di rete

L’Atelier di Porquerolles ha anche fornito l’occasione per un’ampia riflessione circa la formazione critica necessaria nel campo della selezione dell’informazione e della documentazione digitale, che prepari alla valutazione dell’informazione digitale con un sostegno didattico sia nell’ambito delle biblioteche accademiche che nei corsi universitari di formazione all’IU.[11]
Alcuni connotati di base di una formazione valida per tutti, sono la capacità di selezione e di analisi critica dei contenuti dei siti web. Questi ultimi, infatti, sono inutili, se lo storico non è preparato ad usarne i contenuti digitali con una formazione appropriata.[12] Inoltre, le fonti digitali vanno differenziate e comparate per poter valutare l’informazione offerta nei singoli siti; si devono anche operare delle scelte critiche, per evidenziare i punti di vista diversi delle diverse fonti informative. Infine, bisogna formare gli studenti a distinguere i diversi tipi di informazione presenti in rete: informazione strutturata, informazione senza particolare struttura e informazione mista. In questa attività, ci si confronta con studenti di storia che provengono da realtà differenti, anche dello stesso paese, e posseggono dei livelli di preparazione alla storia digitale eterogenei, come dimostra chiaramente l’esperienza dell’Istituto Universitario Europeo di Firenze, che ha studenti di dottorato provenienti da tutti i paesi dell’Unione Europea.

Perché questo tipo di formazione critica alla rete è oggi di importanza fondamentale ? Nel web, e soprattutto nella concezione del web 2.0, l’autorialità, già scossa con l’avvento di internet, non possiede più una rilevanza essenziale: e questo rende ancora più difficile il lavoro degli storici, abituati come sono ad attribuire una paternità a testi e fonti utilizzati. Inoltre, i contenuti di diversi media vengono confusi all’interno della rete stessa, dopo aver subito il processo di digitalizzazione: tutti i media vengono così integrati nel web, e riuscire ad distinguerli criticamente e valutare le loro specificità diventa sempre più complesso. Di conseguenza è fondamentale saper individuare diversi livelli di critica, applicabili ai diversi media.[13] Per di più, i nuovi contesti dei network sociali stanno generando aspettative e comportamenti nuovi in rete e producono nuove ideologie e nuovi comportamenti collettivi, che vanno interpretati con metodi adeguati. Infine, non vi è più l’idea che gli studenti debbano lavorare con un corpus ben delimitato di fonti e di testi, in quanto la rete frammenta l’informazione in “pezzi distinti” disponibili in diversi siti web, non sempre scientifici. 

Strutture per la formazione in storia digitale 

Si pone così – nel campo della IU - il problema dell’organizzazione istituzionale dell’insegnamento di nuove conoscenze. In Francia, le strutture di supporto e di formazione alle nuove tecnologie ( TICE: Technologies de l'Information et de la Communication pour l'Enseignement) preparano gli studenti a confrontarsi con l’epoca digitale, nell’intento di rimuovere le barriere ancora esistenti (digital divide), mediante un istruzione appropriata ai diversi livelli di formazione alla storia digitale.
Jean-Philippe Genet
 IInoltre, sette centri regionali specializzati, chiamati URFIST (Unité Régionale de Formation et de Promotion pour l'Information Scientifique et Technique)[14] sono stati creati per insegnare metodi di Information retrieval, di validazione delle risorse di rete e per sviluppare attività di formazione nell’ambito dell’IU. Gli URFIST preparano i futuri insegnanti di storia, ma anche gli stessi accademici ad insegnare a loro volta le basi critiche della storia digitale e, se possibile, ad avviare gli studenti all’IU.[15]
L’educazione a distanza alla storia digitale si fa anche nella rete stessa con, per esempio, il portale dell’Université Ouverte des Humanités[16] che usa tecnologie di rete per insegnare l’Information retrieval in ambito umanistico. Il portale è stato creato per insegnare ad usare criticamente le risorse di rete, nuovi strumenti digitali e nuove tecniche digitali per umanisti e storici.[17]

Nuove figure professionali: i “passeurs”

Nel 1992, Gianni C. Donno, storico leccese del movimento operaio, pubblicava un saggio su Informatica e ricerca storica, nel quale sottolineava un dato fondamentale del rapporto tra storici e computer, ovvero che ”il “pensare storico” era del tutto diverso dal “pensare informatico”[18]. L’atelier di Porquerolles si è di fatto soffermato sul problema dei soggetti che debbono offrire questo nuovo tipo di formazione, che attinge a un “pensare duplice” o, meglio, al pensare l’informatica dal punto di vista degli storici.
Antonio Brusa
SI tratta, dunque, di nuovi specialisti, di figure professionali diverse da quelle già esistenti nelle biblioteche e nei dipartimenti di storia ? E, se è questo il caso, si debbono creare nuove professioni ? O si tratta piuttosto di fornire semplicemente nuove tecniche, in aggiunta alla formazione tradizionale, senza inventare nuovi tipi di insegnanti? O è meglio appoggiarsi ai docenti meglio preparati, in modo che forniscano i rudimenti di storia digitale ? La risposta corretta pare essere la prima: bisogna individuare nuove professioni. I nuovi percorsi di formazione, forniti dalle strutture francesi indicate sopra, mettono in campo nuove conoscenze tecniche, nuove pratiche digitali, per poter insegnare le quali, vi è la necessità di creare nuove figure professionali integrate nelle istituzioni culturali, pubbliche e private. Queste nuove professioni devono essere in grado di offrire un insegnamento usando piattaforme di rete, di permettere la strutturazione di nuove attività amministrative per organizzare i corsi e lo stesso curriculum educativo ed infine, di promuovere presso gli storici attività tecniche ed informatiche nel campo dell’ICT.
Claire Zalc e Andrea Zorzi
Queste nuove figure professionali prendono in Francia il nome di Passeurs, ovvero persone professionalmente qualificate, in grado di interconnettere il lavoro degli storici con quello degli informatici.[19] I passeurs mettono insieme i loro due modi di pensare antitetici e permettono di “traghettare” le conoscenze rispettive degli storici e degli informatici. Essi parlano il linguaggio degli informatici e degli ingegneri e quello specifico degli umanisti e degli storici. Tale doppia padronanza è necessaria per risolvere i problemi epistemologici posti da questa convivenza. I passeurs sono storici di professione che praticano l’IU senza essere esclusivamente informatici. Essi sono capaci di usare sia concetti e metodi storiografici sia metodi e concetti informatici.
Tuttavia, la base dell’incontro non è quella della tecnica in sé, ma deriva soprattutto dalle necessità professionali degli storici e dalle risposte alle loro domande epistemologiche. I passeurs scoprono e promuovono nuovi metodi storiografici usando la storia digitale e il computer e aiutano gli storici a servirsene. I loro ambiti di lavoro sono certamente i centri di calcolo universitari ed i dipartimenti di storia, ma anche le biblioteche, gli archivi e altre istituzioni specializzate nel campo umanistico. 

Oltre pregi e difetti della storia digitale

Nel 2004, dopo 10 anni di sviluppo del web, Dan Cohen, storico “digitale” del Center for History and New Media della George Mason University, si chiedeva, how can we maximize the web’s advantages and minimize its disadvantages to create the best forms of online history ?
Rispondendo a questo interrogativo, è diventato lampante, oggi, quanto il web sia straordinario nel far convergere più soggetti, indipendentemente dal luogo fisico in cui si trovano, permettendo processi comunicativi sincronici e a-sincronici. La rete facilita enormemente la collaborazione, la capacità di incamerare e di condividere informazioni e dati insieme alla possibilità di caricare e di trasmettere ingenti quantità di documenti. Inoltre l’informazione può essere codificata, in modo che sia accessibile alla ricerca e al trattamento computerizzato, rimuovendo le barriere che impediscono la pubblicazione tradizionale, facilitandone la traduzione, la costante revisione e l’aggiornamento .
Per contro, si deve sempre rammentare l’instabilità e la precarietà dell’informazione, la difficoltà di presentare dei testi facilmente accessibili alla lettura usando il computer - sopratutto se comparati alle forme tradizionali di pubblicazione dei testi – e, infine, l’enorme difficoltà di discernere tra la “zavorra” e l’informazione scientifica nel web, di distinguere, in poche parole, the good from the bad.[20]
Il seminario di Porquerolles è certamente andato oltre le considerazioni, in parte datate, di Cohen sul piano di un euristica applicata alla storia digitale. Ha fatto il punto sui progressi degli ultimi anni in Francia e in Italia, nell’ambito delle scienze dell’informazione e della comunicazione, sui metodi pedagogici e sulle figure professionali nuove per una migliore formazione alla selezione e la valutazione critica dell’informazione di rete. E, nel loro susseguirsi, gli atelier ATHIS hanno effettivamente rilevato quanto la storia abbia permeato l’intera rete digitale, in forme diverse, anche a seconda dei periodi storici considerati. Vi è più chiarezza oggi su quali siano i punti di forza della storia digitale e quali siano le nuove sfide.




[1] Tommaso Detti e Giuseppe Lauricella: “Una storia piatta ? Il digitale, Internet e il mestiere di storico.”, in Contemporanea, n.1, gennaio 2007, pp.3-23.
[3] Le ricerche effettuate hanno visto la collaborazione del Centre d'Histoire Sociale du XXe siècle, rappresentato da Philippe Rygiel, del CRAHM, dell’Università di Caen, rappresentato da Pierre Bauduin, dell’École Nationale des Chartes, rappresentato da Marc Smith, dell’IRHT, rappresentato da Paul Bertrand in collaborazione con l’École Française di Roma, (Marilyn Nicoud). Reti Medievali e l'Università di Firenze, (Andrea Zorzi) sono stati i partners italiani. Il portale di storia medievale francese Ménestrel con Christine Ducourtieux e Pierre Portet ha pubblicato le informazioni su ogni Atelier e promuove i suoi documenti di lavoro.
[4]I precedenti erano stati: Atelier n.1, De l’archive à l’open archive, Atelier n.2 L’historien, le texte et l’ordinateur , Atelier n.3 L’informatique et les périodes historiques Atelier n.4 L’informatique et l’utilisation des statistiques par les historiens, Atelier n. 5 L’historien, l’espace et l’ordinateur. Il programma del VI° atelier, e parte degli interventi, sono disponibili all’URI: [http://www.menestrel.fr/spip.php?rubrique964].
[5] Serge Noiret, Des usages pédagogiques de Wikipedia, «social network» avant le Web 2.0.; Enrica Salvatori, Podcasting e Second Life nell'insegnamento della storia: considerazioni sul saper fare e il sapere.
[6] Eric Castex, Formation ouverte et à distance au service de la formation des historiens.
[7] Antonio Brusa, Insegnamento storico e tecnologie; Giulio Romero Passerin d’Entrèves, Le fond et la forme: ce que les TICE ont changé à la manière de faire un cours d’histoire; Julien Alerini, Alain Dallo, Benjamin Deruelle, Stéphane Lamassé, Enseignement et besoins de l’informatique appliquée à l’histoire: la perception des étudiants d’histoire.
[8] Claire Zalc, La place des statistiques: autour d’un manuel d’initiation à l’analyse des données.
[9] S.Noiret: “Informatica, Storia e Storiografia: la storia irremediabilmente si fa digitale”, in Memoria e Ricerca, n.28, giugno-settembre/2008.
[10] Daniel Letouzey, Le web: un outil pour enseigner l’histoire dans le secondaire.
[11] Christine Ducourtieux, Initier les étudiants à l’usage scientifique d’internet; Hervé Le Men, Internet et évaluation de l’information: intérêt de la notion de traduction pour une pédagogie de l’informatique; Brigitte Michel, De la juxtaposition à l'intégration des ressources documentaires électroniques ou comment guider l'étudiant dans sa recherche documentaire"; Marc Smith, Informatique et initiation de l’historien aux documents originaux; Marion Lamé, La formation des antiquisants à l’informatique; Martine Cocaud, L’enseignement des méthodes informatiques aux historiens: bilan d’une expérience; Andrea Zorzi, L’esegesi delle risorse digitali per la ricerca storica: alcune esperienze didattiche.
[12] A.Criscione, S.Noiret, C.Spagnolo e S.Vitali (a cura di): La Storia a(l) tempo di Internet: indagine sui siti italiani di storia contemporanea, (2001-2003)., Bologna, Pátron editore, 2004.
[13] Serge Noiret: "Visioni della brutalità nelle fotografie di rete", in Sauro Lusini (a cura di) La cultura fotografica in Italia oggi. A 20 anni dalla fondazione di AFT. Rivista di Storia e Fotografia., Prato, Archivio Fotografico Toscano-Comune di Prato, 2007, pp.88-106.
[15] “Les missions des URFIST: former le personnel des bibliothèques ainsi que le public universitaire (enseignants et étudiants avancés) à l'information scientifique et technique, et plus généralement les sensibiliser aux technologies de l'information…. (Si veda Google Custom Search all’URI: [http://www.google.com/coop/cse?cx=009587160018223562155:i0li6vrbf-i]).
[16] URL: [http://www.uoh.fr/]
[17] Un altro portale che permette una formazione a distanza simile, Theleme - Techniques pour l'Historien en Ligne: Études, Manuels, Exercices alla Sorbona, URL: [http://theleme.enc.sorbonne.fr/].
[18] Gianni C.Donno: Informatica e ricerca storica. L'archivio per la storia del movimento sindacale e altri studi., Lacaita, Manduria 1992, p.13.
[19] Sulla categoria di intermediario culturale –i traduttori- vedasi a cura di Diana Cooper-Richet, Jean-Yves Mollier e Ahmed Silem: Passeurs culturels dans le monde des médias et de l'édition en Europe (XIXe et XXe siècles)., Villeurbanne: Presses de l'Ensibb, 2005.
[20] Daniel J. Cohen: “History and the Second Decade of the Web.”, in Rethinking History, Vol. 8, No. 2, giugno 2004, pp. 293–301, qui, p.295.

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